Uzumé che danza, l'estetica della meccanicità di Riccardo Mazzoni 3/3
Vi è una estetica nella meccanicità. Nella sincronia voluta come elemento distintivo ben si vede l'appartenenza della Sarandrea alla cultura occidentale, così tanto concentrata su una visione razionale della realtà. Nelle simmetrie realizzate dalle interpreti, Annalisa Borella, Giovanna Caputi, Cristina Pensiero, Maria Grazia Sarandrea e Basia Wajs, si guida lo spettatore nella visione strutturata della storia. Rispetto a tante altre opere, la meccanicità vista in Uzumé ha la sua forza nell'interpretazione naturale, non imposta. Il ritmo, fluido e deciso, che ha richiesto una notevole presenza fisica delle interpreti, trascina la visione, rende attivi e partecipi gli spettatori. Inoltre, l'uso di strumenti come la luce stroboscopica aumenta l'effetto sorpresa senza diminuire l'impatto della rappresentazione, che infatti ne guadagna: un esempio decisamente utile di uso di strumenti noti in altri contesti.
A compensare la meccanicità, le danze stesse, eleganti, dove si nota l'ispirazione etnica ma anche l'elaborazione successiva, tirando fuori il Tribal Jazz. La danza aborigena, la danza con il burka ispirato alle danza assise della cultura sufi, la danza con gli ombrellini, ossia Sole e Luna, dove il loro movimento circolare attira le energie cosmiche. Tutto confluisce in un'unica visione ritmata e meccanica, elegante e danzante, etnica e occidentale, dove la storia si comprende anche senza aver letto il libretto: è il simbolismo che guida.
Uzumé che danza è uno spettacolo moderno e brillante, dove la sua struttura è anche il perno intorno al quale ruota la sua spontaneità ed il suo ritmo, che può ricordare tutte quelle suite dal balletto che popolano l'Ottocento ed il Novecento della musica classica: tanti movimenti che dipingono l'intera opera dalla quale sono tratti. Non credo sia eccessivo riscontrare il medesimo schema in Uzumé che danza: ogni quadro ha il suo stile, l'intera opera ne possiede uno- il Tribal jazz, la ritmicità non consente distrazioni, il confronto tra Oriente ed Occidente, che consiglia ad un pubblico attento una riflessione sulla bellezza delle fusioni e del multiculturalismo.
(articolo pubblicato il 15/04/2007)
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