The golden plover has arrived di Riccardo Mazzoni 2/2
Innanzi tutto il gabbiano: troneggia nella sala dell'esposizione, ricorda il tema centrale scelto da Eyfjord. Da esso si diramano varie sezioni. La prima riguarda gli scacchi. Vi è un'enorme pannello con dentro raffigurata, mossa per mossa, la partita a scacchi tra il GM Olafsson e il GM Sigurjonsson. Gli scacchi, gioco affascinante e di rara profondità psicologica, sono diventati un simbolo per l'Islanda da quando il GM Olafsson è riuscito ad essere il primo giocatore islandese quotato all'estero. Un momento della partita è raffigurato da una scacchiera gigante, nella quale i pezzi sono l'elemento di congiunzione con la natura islandese. Infatti, i pezzi sono stati realizzati con forme che ricordano le forme delle montagne islandesi.
Parlando di montagne, accanto all'installazione ludica vi sono dei sassi per terra insanguinati, insieme ai cartelli di pericolo di caduti massi e brecciolino. Certamente le frane, in un paese con prevalenza di montagne, vuol essere un avvertimento pratico. Ma anche ricordare il vivere spesso scomodo, considerando che l'Islanda è collocata sulla dorsale atlantica. L'identità passa anche dalla conformazione del territorio, coi suoi punti positivi e negativi.
Un altro aspetto legato alla ricerca dell'identità nazionale è rappresentato da un curioso elenco di persone che "non devi dimenticare". Tra esse ne vorrei scegliere due: Ben Gurion e Benedikt Grondal. Il primo rappresenta un chiaro richiamo alla volontà di voler costruire un'identità nazionale che raccolga la grande diaspora propagatasi nei secoli. Il secondo è un critico letterario vissuto nell'Ottocento, che ha dedicato la sua vita allo studio della letteratura, soprattutto islandese, cercando di cogliere l'identità islandese, in un processo molto simile a quello avvenuto in Europa. Nell'esposizione vi è una casa, perfetta ricostruzione di quella abitata dal critico.
Un'altra sezione dell'identità è quella del proprio passato dell'infanzia. Disegni, vecchie foto, la propria coscienza che si forma e raccoglie gli stimoli della propria terra, della natura, della formazione intellettuale.
Un percorso complesso, articolato quello proposto da Steingrimur Eyfjörd, che infatti ha meritato ben due libri di pregevole fattura: il catalogo della mostra, le interviste, un libro con carta di qualità che raccoglie le sue maggiori opere, costellate dalla fusione di tanti linguaggi, e un lungo dialogo con Elena Filipovic.
(articolo pubblicato il 15/06/2007)
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