Marc Chagall al Vittoriano: le meraviglie di Silvia Buffo 2/2
Questi significati sono molto connessi alla sua poetica pittorica del mondo fanciullesco poiché essa denota paradossalmente un'arte proibita, è un mezzo per poter parlare senza aggredire il potere, per difendersi dalla censura. Tuttavia nel 1937 il regime nazista eliminerà tutte le sue opere dai musei tedeschi. Se l'artista avesse potuto esprimersi liberamente, senza questa precostruita chiave d'accesso forse la sua sarebbe stata un'arte diversa, probabilmente straziante e spietata poiché i dipinti già sono carichi di dolore, un dolore soffuso da visioni fantasmagoriche, da atmosfere fiabesche, sfumate e oniriche tanto da configurare uno Chagall, come lo definì Apollinaire, sovrannaturale.
Accanto al dolore, il mondo poetico di Chagall esprime una profonda dolcezza che conquista l'osservatore: attraverso la presenza costante degli animali con gli occhi dolci, esprimendo un senso di armonia e amore tra uomo e natura; malinconica dolcezza denotano anche le raffigurazioni del villaggio degli ebrei, fatto di casette di legno addossate tra loro, simbolo di un mondo profondamente intimo e piccolo da proteggere.
Questa sensibilità chagalliana che si riversa nell'espressione di questo proprio mondo intimo delle sue radici ebraiche richiama - come teorizzava Adorno - quella funzione dell'arte legata alla memoria, secondo cui le opere d'arte moderne devono salvare dall'oblio, far parlare i sommersi, dire l'altro del mondo. L'arte di Chagall ha molto raccontato la condizione dell'ebreo, la dimensione dell'uomo che diventa un non-uomo, ridandole voce e testimonianza, in questo modo unendo l'etica all'estetica, retta sempre dal filo malinconico della speranza.
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(articolo pubblicato il 31/05/2007)
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