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UTV cinema :: la stella che non c'è |
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C'era un napoletano in Cina... di Valentina Capuano 2/2
Il tutto sembra voler attribuire alla Cina una connotazione assolutamente funesta o negativa, e indicativi sono i commenti del protagonista, eloquentemente accompagnati da smorfie di disgusto, sul cibo cinese o le amare considerazioni della protagonista femminile sulla strategia del controllo demografico che prevede multe per chi si sottrae alla stessa. E' evidente inoltre come la giovane interprete cinese viene vista come un personaggio perdente in un contesto che non accetta una madre single...e la storia che si presumeva dovesse prevedere un lieto fine si conclude in modo ben diverso: Buonavolontà, frustrato per un viaggio rivelatosi inutile (la centralina da lui riparata e che aveva portato con sé in Cina era già stata sostituita da abili operai cinesi), e depresso da condizioni di vita per lui evidentemente inaccettabili, torna in Italia nonostante il clima di tenera complicità creatosi con la ragazza.
E' evidente che un viaggio così ardimentoso in cui è catapultato il protagonista non può non averlo duramente provato al punto di indurlo a desistere dall'intraprendere una liasion con la giovane cinese (ed il senso della sua inutilità è sottolineato nella scena in cui lui si rifiuta di riparare il giocattolo del figlio di Liu poiché riconosce amaramente che " neanche i giocattoli si riparano più ma si sostituiscono").
Due sono comunque gli elementi che colpiscono di questo film così originale ma dai ritmi così lenti: l'operosità ed il senso di abnegazione del popolo cinese che viene mostrato ripetutamente (nelle fabbriche, nelle risaie, nei cantieri ma anche nelle case dove le donne tessono e filano artigianalmente) e la contraddizione tra l'importanza che indubbiamente il colosso cinese riveste nell'economia mondiale (Tai Ling nel film sostiene che la lingua italiana è considerata in Cina una "lingua minore") e le modeste condizioni di vita del suo popolo.Ad ogni modo la straordinaria capacità interpretativa di Castellitto non compensa del tutto l'estenuante lentezza del film che in alcuni tratti sembra sconfinare in un documentario, un freddo resoconto di una Cina grigia e spaventosa che trova la sua premessa in un espediente narrativo alquanto debole: la centralina difettosa.
C'è da chiedersi quale sia "La stella che non c'è" ed all'inevitabile quesito il regista in un'intervista risponde che il riferimento è alla libertà, irraggiungibile chimera anche in un paese in così crescente evoluzione...
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(articolo pubblicato il 20/09/2006)
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