C'era un napoletano in Cina... di Valentina Capuano 1/2
L'ultimo lavoro del regista Gianni Amelio, liberamente ispirato al libro"La dismissione" di Ermanno Rea e candidato alla biennale di Venezia, narra la storia di Vincenzo Buonavolontà (Sergio Castellitto), manutentore di un altoforno napoletano che viene smontato e venduto ad acquirenti cinesi ignari di un difetto degli ingranaggi dell'opificio.Invano il protagonista cerca di spiegare agli stessi il problema meccanico dell'impianto ed inutile si rivela la presenza dell'interprete cinese (Tai Ling) per chiarire l'equivoco, e così la struttura, nonostante le sue indicazioni, viene smontata con la fiamma ossidrica e trasportata in Cina.
Buonavolontà in crisi con se stesso, forse perché deufradato di un ruolo che aveva ricoperto per troppi anni (il manutentore appunto) o forse perché si sentiva responsabile verso i nuovi acquirenti dell'impianto delle eventuali conseguenze dannose che quest'ultimo avrebbe potuto provocare, decide di partire per la Cina alla ricerca dell'acciaieria che lo ospita.Qui l'incontro con l'interprete che aveva conosciuto in Italia non si rivela risolutivo, poiché quest'ultima, come del resto l'intermediario che aveva acquistato l'impianto, è stata licenziata (dismessed). Tuttavia il destino dei due sembra inevitabilmente legato: lei gli si offre come interprete e come guida in un lunghissimo viaggio che lo condurrà all'acciaieria contenente l'impianto italiano, ma anche alla ricerca di se stesso, un uomo libero da vincoli familiari che vede il distacco dalle macchine della cui manutenzione si era occupato per anni come un lutto, una privazione dell'unico scopo della sua vita.
La storia apparentemente semplice e surreale è il pretesto per esplorare con occhi diversi, con quelli di un operaio napoletano, un mondo molto lontano da quello occidentale, la Cina appunto, che sembra percorsa dal Nostro come un'odissea dove ai paesaggi spettrali di aree desertiche attraversate solo da camionette scalcinate colme fino all'inverosimile di passeggeri come se fossero carri bestiame, si contrappongono i quartieri popolari a densità abitativa ai limiti dell'immaginabile o cantieri e fabbriche orridi come lager dove qui e li spuntano bambini operosi cinicamente strappati all'infanzia.
avanti >>>>>>
(articolo pubblicato il 20/09/2006)
|