Il Festival di Cannes: applausi, fischi, sfilate, sorprese ed...inevitabili gossip di Silvia Spazzafumo 3/3
Come dimenticare, inoltre, il potere di pubblicità (e marketing) insito nel Festival di Cannes? L'esempio è lampante nel caso de "Il Codice da Vinci" di Ron Howard, adattamento cinematografico dall'ultimo best-seller di Dan Brown, così come per "X-Man: the last stand", diretto da Brett Rathner. In entrambi è la strategica promozione in corrispondenza del lancio in Europa ad avere il sopravvento. Sebbene i film non siano entusiasmanti davanti alla giuria, ben altri sono i risultati registrati ai botteghini.
La triste constatazione dello scontato e fastidioso insinuarsi del gossip in tutto ciò che riguarda il mondo del cinema, scema completamente scatenando stupore quando, aldilà di ogni pronostico, si vede consegnare la Palma d'oro a Ken Loach in onore al suo grido d'accusa contro l'imperialismo britannico in "The wind that shakes the barley" (titolo ripreso da una ballata che inneggia alla resistenza). Vince, inaspettata, la passione politica e civile del regista di "Terra e Libertà" per spazzare via tutti i momenti più frivoli e vuoti di cui si sarebbe fatto volentieri a meno nella 59esima edizione del Festival di Cannes. Le parole del regista militante illuminano di nuovo Cannes del sorprendente fascino che il cinema continua ancora a riservarci. "The wind that shakes the barley" è un film che ha il coraggio della riflessione: "è un piccolo passo per rivedere gli eventi del passato da punti di vista diversi da quello dei vincitori - afferma Loach - e poiché gli eventi drammatici, le sopraffazioni, le guerre, le torture si ripetono, è essenziale cominciare a dire la verità sul passato, rende più possibile cercare la verità sul presente."
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(articolo pubblicato il 14/06/2006)
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