L'amico di famiglia: non confondere mai l'insolito con l'impossibile di Valeria Liguori 1/2
Il settantenne Geremia de' Geremei, residente in un paese dell'agro pontino, gestisce una sartoria, attività necessaria a mascherare la sua maggiore fonte di guadagno: l'usura.
Sorrentino non denuncia l'usura, ma rivolge un'accusa netta e diretta verso l'atteggiamento degli uomini che "vivono" questo dramma: ci si chiede se sia peggio avere a che fare con un uomo brutto, consumato dal tempo e dall'assenza di relazioni sociali, sempre pronto a ricattare, senza scrupoli, oppure essere corrotti nell'animo, nel profondo dei sentimenti come lo sono le persone che circondano Geremia.
Corruzione, sentimento che Sorrentino esplicita sia nella sceneggiatura che nella regia. L'uso dei colori,ad esempio, ce lo indica: colori corrotti, invecchiati, ingialliti, condizione visibile sia nei rapporti "sporchi"di Geremia, sia sulle mura domestiche logorate dal tempo.
Geremia si sente un uomo buono di cuore, un salvatore del prossimo che tramite i suoi prestiti si insinua nelle famiglie per interagire a suo totale piacimento nella vita degli usurati come fosse un "amico di famiglia".
Usuraio che non riesce ad instaurare rapporti con nessuno, nemmeno con sua madre anziana e paralizzata con cui vive, nemmeno con donne disperate in cerca di una vita migliore che sperano nel cambiamento aggrappandosi ad agenzie di incontri matrimoniali.
Geremia da e toglie, a suo piacimento, la tranquillità alle sue vittime, sentendosi un Dio solitario.
avanti >>>>>>
(articolo pubblicato il 14/12/2006)
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