La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo di Sabrina Fiorito 3/3
Per rafforzare l'effetto documentaristico il cameraman Marcello Gatti utilizza una fotografia sgranata che rende le immagini meno nitide, come prese dalla cronaca dei cinegiornali. Per questo gira in un bianco e nero scope, con cinepresa 16mm stile giornalistico.
Colpisce la forte somiglianza degli eventi storici illustrati nella pellicola con le altre guerre colonialiste che tuttora riempiono le pagine dei quotidiani. Non a caso la proiezione del film è stata utilizzata in USA nell'addestramento degli Ufficiali che dovevano prestare servizio in Iraq per renderli più cinici e più pronti, di fronte alle immagini che mostrano la crudeltà delle torture utilizzate dai coloni sui partigiani.
Molte polemiche successero all'uscita del film, bandita fino al 1971 in Francia e Inghilterra, proprio perché denunciava il governo francese di Mitterand e il coinvolgimento di Le Pen nelle torture dei prigionieri ad Algeri. Nonostante ciò il film incontrò da subito un forte successo internazionale, in particolar modo in Algeria, in Italia (Leone d'Oro a Venezia) e negli Stati Uniti, dove fu candidato all'Oscar sia per la regia di Pontecorvo, che per la sceneggiatura di Franco Solinas.
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(articolo pubblicato il 30/04/2007)
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