La narrativa islandese: fiordi, notte e realtà virtuale di Riccardo Mazzoni 1/1
Due domande al saggista Hjartarson
Roma. Il centro culturale scandinavo continua la sua attività raffinata e dedicata ad un pubblico che vuole scoprire ed apprezzare la cultura del Nord Europa. "Ég stjórna ekki leiknum" (Non sono io che ho il gioco in mano) è il libro presentato il 28 febbraio insieme all'autore islandese Jón Hjartarson ed alla presenza, tra il pubblico numeroso, del console islandese Bragason.
Per ognuno dei presenti, appassionati o semplici curiosi della cultura nordica, il confronto diretto con un testo islandese, direttamente letto dall'autore, ha rappresentato un serio confronto con una cultura che, rispetto a quella nostra mediterranea, presenta delle caratteristiche molto particolari. Infatti, la predominanza di un clima rigido, una conformazione geografica spesso spigolosa, la mancanza della luce si riflette sia nelle descrizioni, che nelle psicologie dei personaggi. Nonostante il tema del libro tratti del confronto tra la realtà e quella virtuale concretizzatasi nella mente di un ragazzo che ossessivamente gioca al computer, ossia la banalità dei gesti di un ragazzo che pensa di vivere in un gioco totale, emergono quelle caratteristiche di intimismo nordico, che spesso il lettore potrebbe invece classificare in azioni disarticolate, nel quale un consiglio del vecchio saggio, una bevuta in compagnia, la continua sfida con la natura sempre avversa, tagliano il personaggio in modo ricurvo, quasi che il piegarsi per proteggersi dal freddo abbia il suo speculare psicologico nel ripiegarsi su sé stessi. Di seguito, pensieri monocorde ma precisi, annotazioni che nel Mediterraneo potremmo dire poco solari, il fatto ad esempio di non vivere la vicinanza fisica come primaria importanza, quel vivere quasi solitario che per noi risulterebbe originale. In particolare, in questo libro, è presente il confronto anche con la realtà dei giochi: un ragazzo moderno non riesce a vivere sereno, allegro nonostante la raffinatezza dei giochi e delle emozioni che lo accompagnano, in totale constrasto con molti racconti dei nostri nonni, che con semplici giochi reali e concreti avevano l'animo pieno di gioia. L'occasione della presentazione e lettura del libro di Hjartarson ha quindi contribuito ad accendere interiormente un dibattito sulla nostra realtà e sulla nostra identità, tema ormai molto presente nel contesto comunicativo. Infatti, la presenza di un insieme di valori coeso e diverso consente, od almeno dovrebbe spingere, a comprendere meglio la nostra di identità, nel classico meccanismo di conoscenza di sé stessi tramite il confronto con gli altri.
(articolo pubblicato il 16/03/2007)
Jón Hjartarson e la traduttrice Silvia Cosimini
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