Fashion for good, quando la moda è al servizio della salute di Michela Monferrini 1/1
AltaRoma
Roma. Non esiste nessuna azienda che abbia tentato di migliorare le condizioni di vita di un malato (Alzheimer o non vedente) producendo per lui vestiti particolari.
Sono queste le premesse da cui ha preso avvio, presso la Sala del Consiglio della Camera di Commercio, la quinta edizione del convegno "Fashion for good", durante il quale è stato presentato il progetto Linda, un concorso ideato dalla giornalista Stefania Giacomini e dalla dottoressa Luisa Bartorelli, che ogni anno premia le idee dei giovani studenti di moda e design a proposito del binomio inesplorato di moda e malattia.
Alcuni ragazzi dello IED, Istituto Europeo di Design, si sono aggiudicati l'edizione di quest'anno grazie al progetto "Caldi Abbracci", con una linea di vestiti comodi da indossare, colorati, ma soprattutto funzionali, per la produzione dei quali non è richiesto l'uso di macchinari né materiali hi-tech, nel rispetto della generazione dei malati, non assuefatta alle moderne tecnologie.
L'obiettivo da raggiungere era la progettazione di vestiti che non sembrassero "vestiti per malati", ma che seguissero quelle poche accortezze che possono rendere la quotidianità di un malato di Alzheimer meno difficile. Una di queste, come ha proposto la linea "Caldi Abbracci", è una semplice targhetta, cucita all'interno delle mantelline che sono nate dal progetto, che riporta generalità e recapito del malato che la indossa, non facendolo sentire diverso, ma dandogli una maggiore sicurezza.
Con questa iniziativa si propone un'idea della moda che oggi sulle passerelle e nei modelli dei grandi stilisti non è presente: l'idea dell'abito utile e non solo estetico, pur senza rinunciare a quella nota fashion che anche le persone malate possono e sanno apprezzare. Un'idea di moda, quindi, che per la prima volta si mostra a contatto con la realtà, sensibile ai problemi della società.
Per i suoi obiettivi, "Fashion for good" si lega all'associazione d'oltreoceano "White cane label", presentata nella stessa occasione e coordinata da Wilma King (Rochester Institute of Technology), un'associazione che attraverso la moda intende offrire il suo aiuto ai 161 milioni di persone completamente o parzialmente non vedenti che oggi vivono nel mondo e che secondo le stime, attorno al 2020, potrebbero diventare circa il doppio. "White cane label" ha già attivato un sito Internet "parlante", grazie al quale il non vedente può esprimere le sue preferenze riguardo a tessuti e colori per i vestiti. Questi vengono realizzati con particolari etichette in braille o simboli in rilievo che ne illustrino caratteristiche dei tessuti, informazioni sul lavaggio e colore a chi li indossi, cosicché l'abbinamento tra capi non sia più un problema per chi deve indossarli pur non potendoli vedere.
Queste iniziative ci ricordano che anche gesti normali, come quello di vestirsi, possano essere non facili per determinate persone, ma che è partendo da piccole soluzioni che si può provare a dare una risposta ai grandi problemi.
(articolo pubblicato il 17/07/2007)
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