"Nero bifamiliare" di Federico Zampaglione di Valeria Liguori 1/1
Intervista ad Anna Marcello, coprotagonista nel film
Risultato della sperimentazione del musicista Federico Zampaglione, compagno di Claudia Gerini. Insieme hanno inaugurato questo nuovo percorso: lui regista e lei attrice per il suo compagno di vita. Diamo per scontato che la colonna sonora del film non poteva non essere dei Tiromancino. Emerge dal film la passione del cantante per il cinema, passione cominciata con la direzione di alcuni videoclip e cortometraggi e coraggiosamente lanciatosi poi nella realizzazione della sua opera prima.
L'idea di partenza del film è quella di una black commedy, ma poi il risultato finale è quello di una commedia piena di stranezze, in parte grottesca, che mescola nel suo interno generi cosi diversi tra loro: un po' di noir, una scena apparentemente western e la commedia giocata su una valanga di ossessioni e sulla paura del diverso, un po' a voler seguire da una parte i film spagnoli almodovariani e dall'altra il bravissimo regista Giovanni Garrone.
Le complicate e tragicomiche vicende si svolgono tra gelosie e rinfacciamenti vari di due coppie che vivono in un complesso di villette chiamato "villa Serena".
La prima coppia è formata da Marina (Claudia Gerini) e Vittorio (Luca Lionello), la seconda dal rumeno Slatto (Ermo De Marchi) e da Bruna (Anna Marcello).
Gli attori appaiono spiritosi perché estremamente eccentrici, i personaggi però sono disegnati su misura, senza possibilità di mostrare spontaneità e proprio per questo un po' rigidi.
Il risultato finale di queste vicende, scritte ed alternate come se fossero frasi di una canzone di Zampaglione, porta senza colpi di scena alla totale esasperazione della coppia protagonista.
I movimenti della macchina da presa, proprio per questo seguire una sorta di struttura musicale, sono abbastanza fluidi. Forti i colori utilizzati e con i quali il regista si diverte molto a giocare.
Nota positiva a favore della Gerini, in questo film più bella che mai, come vuole sottolineare la regia, a svantaggio del suo aspetto attoriale.
Nel complesso Zampaglione commette una serie di errori-stereotipati: i suoi personaggi sono vittima di didascalismo e di ripetività. Di conseguenza anche il suo pubblico cade in questo spietato didascalismo, forzato dall'intenzione del regista di voler a tutti i costi sottolineare alcuni aspetti.
Il consiglio che si può dare, per una seconda opera, è quella di studiare soluzioni maggiormente elastiche, più aderenti al pubblico: insomma, atmosfere più coinvolgenti, in quel continuo apprendere, sperimentare e riflettere che fa del regista un intellettuale capomastro. Il motivo? Il panorama del cinema italiano, senza dover ricorrere alle polemiche di Tarantino, necessita di registi nuovi, con un nuovo linguaggio, con un nuovo programma culturale che svecchi le antiquate concezioni di un Italia da anni '70 che da 37 anni non esiste più.
(articolo pubblicato il 16/08/2007)
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