La via en rose (La Môme) di Valeria Liguori 1/1
Realizzare in immagini la vita di una donna che è diventata coś popolare da giovanissima e nel tempo riconosciuta come un vero e proprio mito, una etoile destinata a non cadere mai, non deve essere stato per niente facile.
Denudarla, sezionarla, dai marciapiedi dove la madre guadagnava qualche spicciolo cantando, al bordello dove la invia il padre reduce dalla Grande Guerra, fino ai palcoscenici parigini e al trionfo.
Entrare nei suoi sogni, nelle sue paure, nelle gioie ma anche nelle avvenimenti che sono stati causa di dolore, nella sua continua e disperata ricerca d'amore, nelle sue nevrosi e debolezze, tutto cị è partito da una foto di Edith Piaf, attentamente osservata dal regista Olivier Dahan che subito si è immedesimato in lei.
Il film è un racconto emozionante e totalmente destrutturato della vita di un essere umano coś fragile come Edith Piaf, realizzato seguendo dei canoni che si discostano da quelli propriamente classici. Si parte innanzitutto dal racconto per immagini, dominato da una forte ricerca stilistica degli avvenimenti della sua vita, narrati non seguendo la reale successione, ma mostrandoceli piuttosto senza un susseguirsi di continuità, per rendere l'idea della libera interpretazione su questa donna, sulla vita e sul rapporto con l'arte.
Estrema l'attenzione per le luci ed i colori utilizzati in modo evidentemente espressivo: il film è una fiaba nera piuttosto che rosa che il regista divide in due parti (infanzia e giovinezza) distinte per forma ed atmosfera ed è proprio nella seconda parte che i colori tendono a sottolineare i drammi vissuti dalla cantante.
Infatti quella che Olivier Dahan ci vuole raccontare non è la vita romantica di una cantante popolare, ma la vita che ha uno slancio verso la morte di una môme (ragazzina).
E' un film estremamente moderno, una biografia di nuovo stile, piena di solitudine, di egoismo, di alcool e di morfina, dove tutto accade ed è visibile a tutti, senza il bisogno di dover necessariamente celare qualcosa.
Eccellente l'interpretazione di tutto il cast, in primo luogo quella di Marion Cotillard, ottima interprete della Piaf, restituendone l'autenticità di un personaggio leggiadro, fino ad arrivare a Silvie Testud, nei panni di Momone, amica da sempre della cantante francese, passando per Emmanuelle Seigner e Gerard Depardieu.
Purtroppo tranne alcune sequenze veramente toccanti ed emozionanti (la malattia , la vecchiaia, la perdita della persona che ama in un tragico incidente), il punto di vista del regista, seppure originale, sembra essere destinato a restare a mezz'aria, lasciando gli spettatori un po' scettici anche se il prodotto finale nel complesso ritengo sia da apprezzare.
(articolo pubblicato il 31/08/2007)
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