L'editoriale di Vian sull'Osservatore Romano: un'analisi degli aspettivi comunicativi

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L'appassionato editoriale del Direttore dell'Osservatore Romano Vian in difesa della lettera dello scorso 12 marzo di Benedetto XVI mostra un frammento della problematica attualmente avvertita da tutte quelle persone che osservano e vivono i problemi della Chiesa di Roma. Il frammento è indicatore e descrittore del complesso meccanismo comunicativo, teologico e umano che si è sviluppato intorno alla revoca della scomunica ai lefebvriani che, senza esagerazioni, può essere considerato come frammento sintomo di un momento della Chiesa di Roma non facile e confuso, certamente non uno dei momenti più difficili della sua millenaria storia.

Gli aspetti che voglio approfondire sono relativi al lato comunicativo: l'assoluta formazione teologica di Benedetto XVI e storica del Direttore Vian impongono di ascoltare e leggere con attenzione i loro scritti ed articoli, cercando di meditare maggiormente rispetto alla formulazione di critiche.
Il carattere dell'editoriale appare immediatamente, sia in prima lettura che in seconde letture, dotato di storicità. Profondo è il senso di descrizione storica, di essere nella storia, di produrre storia.
"Sulla convenienza di questo gesto si sono moltiplicati interrogativi -scrive Vian- e soprattutto si sono scagliate contro Benedetto XVI accuse infondate ed enormi: di rinnegamento del Vaticano II e di oscurantismo.
Fino a un disonesto e incredibile rovesciamento del gesto papale, favorito dalla diffusione, in una concomitanza di tempi certo non casuale, delle affermazioni negazioniste nei confronti della Shoah di uno dei presuli a cui il Papa ha rimesso la scomunica".
Una visione monumentale, si potrebbe dire: dove emerge un descrivere i fatti in differita, già conosciuti. Non è un problema di contenuti, ma di comunicazione: si respira aria del passato quando, in realtà, i fatti sono appena accaduti.
Perché arrivare dopo a descrivere fatti e ricostruire dinamiche che ormai, laici e cattolici, assidui analizzatori della Chiesa e osservatori occasionali, conoscono già? Se voleva essere una difesa, sarebbe stato decisamente meglio una ricostruzione dinamica, proiettata al futuro, all'azione che desse l'idea e la progettualità di una rinnovata presenza della Chiesa nella società, energica e guida per i cattolici così come per i laici.
"La lucidità dell'analisi papale non evita questioni aperte e difficili, come la necessità di una attenzione e di una comunicazione più preparate e tempestive in un contesto globale dove l'informazione, onnipresente e sovrabbondante, è di continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni, tra cui le cosiddette fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande": queste informazioni erano già contenute nel testo del Papa e tutti i media lo avevano commentato, spiegato e così anche gli ascoltatori, o i lettori per la carta stampata, lo avevano compreso.

Nella stessa direzione è la riscontrabile fretta di ragionare in termini storici, di definire ogni movimento o fatto della Chiesa come atto storico prima ancora che possa essere riconosciuto come tale da chiunque lo abbia saputo. Qual è il motivo di tutta questa fretta? Un grande campione del mondo di scacchi, Josè Raùl Capablanca, disse una volta che bisogna giocare rapidamente ma non affrettatamente, evidenziando che la rapidità è importante ma giocare con l'ansia, in apnea, porta ad errori. Sebbene la Chiesa sia la Storia, produca la Storia e modifichi la Storia, bisogna anche riconoscere che non tutti gli atti si possono definire storici: molti di essi sono amministrativi o organizzativi. Se sarà storia lo deciderà la Storia, crearla artificialmente è controproducente: chi riceve il messaggio non nota la monumentalità ma l'ansia, la paura, quindi decide di declassare progressivamente la fonte di informazione sino a renderla, in estrema analisi, non più valida e attendibile.

Un editoriale giocato in difesa? A quanto emerge dalle analisi sì: invece di cogliere tutti gli aspetti di novità, azione, movimento, attacco che una polemica del genere possiede al suo interno, anche se dolorosi, il baricentro sembra piantarsi su un gioco di rimessa, storico, poco comunicativo: forse è esagerato in questa sede rievocare il libro "Sull’utilità e il danno della storia per la vita" di Friedrich Nietzsche, ma se la storia monumentale sovrasterà l'azione presente il rischio per il futuro sarà grande.