A Palazzo Venezia la prima mostra monografica dell’artista veneto

pagina 1/1

Palazzo Venezia ospita, fino al 18 maggio, la mostra monografica dedicata a Sebastiano Luciani, detto Sebastioano del Piombo. Il pittore e musico, nato a Venezia nel 1485 e morto a Roma all’età di 62 anni, visse lo straordinario periodo del Rinascimento italiano che vide attivi grandi protagonisti dell’arte come Giorgione, Durer, Michelangelo, Raffaello.

Forse è proprio l’abbondanza di talenti così straordinari che ha lasciato in ombra l’opera di questo peculiare pittore. E forse proprio questa condizione “di grazia” ha permesso al genio di Sebastiano di elaborare, sulla base di spunti visivi così eternogenei a disposizione, una tecnica compositiva e coloristica sua propria.

Sebastiano nasce e si forma a Venezia, alla scuola del Giambellino (giovanni Bellini) e poi di Giorgione. Ma ha la possibilità di integrare gli insegnamenti ricevuti con l’esperienza del Durer, attivo a Venezia durante il suo apprendistato. Da subito quindi il raffinato colorismo veneto si fonde con la durezza e la definitezza tipici dell’ambiente fiammingo. Ma il cambiamento più forte nell’arte di Sebastiano avverrà col suo trasferimento a Roma nel 1511, al seguito del potentissimo Agostino Chigi, banchiere del papa. Si avverte bene la differenza tra i ritratti precedenti e successivi al trasferimento: là dove prevalevano la regolarità delle forme e l’esercizio di stile nel colore ora si trovano personaggi finalmente “vivi”, caratterizzati ora da una ruga ora da una fronte leggermente corrucciata. Siamo ancora lontani dalla partecipazione drammatica dei personaggi michelangioleschi, ma già qualcosa è cambiato, con Sebastiano ci si avvia verso il Rinascimento cosiddetto “maturo”. Il contrasto tra la staticità delle pose scelte dal pittore ed il taglio talvolta innovativo delle opere rendono questo artista un anello di congiunzione ideale tra la “scoperta dell’uomo” rinascimentale e la sua evoluzione più manieristica. In tal senso si possono ammirare opere come Cristo al limbo (1516), o, per quanto riguarda i ritratti, il Ritratto di uomo in arme (1512). Importanza fondamentale riveste per Sebastiano l’amicizia col Bonarroti, che stimò moltissimo e dal quale ricevette aiuto e consiglio. Di Michelangelo si ritrova traccia soprattutto in alcune opere in cui la figura umana è predominante (ad es. la Flagellazione, 1525), caratteristica peculiare del grande artista della Cappella Sistina. Testimonianza inequivocabile del sodalizio che durerà tanti anni è la presenza, nella mostra, di un foglio con schizzi di Sebastiano (recto) e di Michelangelo (verso). La mostra offre molti spunti di riflessione, tra i quali anche una singolare sezione dedicata agli sviluppi della pittura spagnola: Sebastiano infatti ebbe anche delle committenze iberiche che segnarono profondamente l’arte di quel periodo.

Interessante anche un altro aspetto: Sebastiano offrì, forse inconsapevolmente, la strada ai pittori della controriforma, ai quali la Chiesa chiedeva un ritorno all’essenziale del messaggio cristiano, e la solennità ed il contegno delle figure di Sebastiano ben si prestarono per indicare la via da seguire.

Una mostra molto ben curata, dall’allestimento singolare: il visitatore ha a disposizione uno spazio privilegiato che esclude ogni influenza esterna all’opera in visione. Purtroppo però non sempre l’illuminazione permette di apprezzare appieno l’insieme del dipinto.