Quando in discussione non � la presunta innocenza dell'imputato, ma la possibilit� del regolare svolgimento di un processo
E' noto che il cinema ama fantasticare sulla realt�, renderla imprevedibile e misteriosa. Ma quando � la realt� a perdere la sua essenza di verosimiglianza, allora per raccontarla non occorre un film, basta un documentario. A questo punto dovremmo notare che la realt� si fa sempre pi� fantasiosa, visto il successo di questo nuovo genere di cinema, il docu-film, che si limita a descrivere i fatti del quotidiano, lasciando nessuno spazio alla creativit�. Dopo aver trionfato in giro per i festival, il docu-film ha appassionato anche un nutrito gruppo di spettatori, curiosi di vedere quanto � stra-ordinaria la vita. Ma attenzione, perch� le sorprese che ci riserva sono spesso amare.
E' il caso de L'affaire Mondadori, proiettato gioved� 6 Aprile alla Casa del cinema di Roma che racconta uno dei processi pi� lunghi e "misteriosi" degli ultimi venti anni attraverso la testimonianza di alcuni dei suoi protagonisti. Mosco Boucault, il regista, presente nel corso della serata, ci ha tenuto a spiegare come la sua opera, realizzata per il canale franco-tedesco Arte, fosse pensata per un pubblico straniero, totalmente disinformato sulla vicenda. L'utilizzo di un linguaggio semplice e asciutto piuttosto che appiattire la complessit� della vicenda la rende ancora pi� esemplare nella sua mostruosit�.
Vedendo il film si ha quasi l'impressione uno straniero che si affaccia sul Bel Paese e strabuzzando gli occhi osserva lo stato della nostra giustizia: questa sembra davvero il contrario di quella che ci aspetteremmo, ossia una pedante applicazione della legge, ma diventa quanto mai "imprevedibile" e poco chiara.
L'accusa al centro del caso Mondadori � di quelle che fanno tremare istituzioni secolari come la magistratura: corruzione di giudice per favorire la scalata del principale gruppo editoriale da parte di un imprenditore, futuro capo del governo. Boucault evita per quanto possibile di occuparsi di Berlusconi e si limita a ricostruire, grazie allo sforzo del giudice Carf�, le tappe del processo, attraverso i continui rinvii voluti dal principale accusato, l'avvocato Previti. Alcune sedute di questo processo che va avanti dal 1988 durano pochi minuti, tempo comunque sufficiente perch� la telecamera si fissi sulla frase che campeggia, sempre la stessa nelle aule di Milano, Brescia, Perugia, "la legge � uguale per tutti".
Quando, dopo la proiezione viene chiesto al regista se ha pensato a una possibile distribuzione del suo film anche nelle televisioni italiane, l'interessato scoppia in una allegra risata. Ma � il solo a ridere in tutta la sala.
(articolo pubblicato il 06/05/2006) |