Al Vittoriano il grande pittore francese, fino al 3 febbraio 2008

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E’ stata inaugurata al Vittoriano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, con la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il patrocinio del Senato della Republica, Camera dei Deputati, Ministero Affari Esteri, Ministero della Pubblica Istruzione e Istituto per la Storia del Risorgimento, la mostra “Paul Gauguin, artista di mito e di sogno”, che resterà nel Complesso fino al 3 febbraio 2008. Per la prima volta a Roma, 150 opere straordinarie tra dipinti, schizzi, realizzazioni su legno e ceramica, che raccontano un Gauguin anche sconosciuto, lontano dalle “solite” damigelle tahitiani. In questo percorso esposotovp si è voluto mettere in risalto il rapporto di Gauguin con il viaggio, reale ed immaginario, che ha legato, seppure idealmente, l’artista con Roma. Le opere, provenienti da importanti musei pubblici e prestigiose collezioni private di tutto il mondo (Hermitage di S. Pietroburgo, National Gallery of Art di Washington, NY Carlsberg Glyptotek di Copenhagen), ripercorrono l’intera opera di Gauguin, sottolineandone la continua ricerca di un luogo “altro”, un’arcadia ideale dove gli uomini sono finalmente liberi dall’affanno in una pace ed un’abbondanza sereni. In questo luogo fuori dal tempo e dallo spazio, che per l’artista è simboleggiato dai paesi esotici, si ritrova il parallelo con l’età dell’oro dell’Arcadia vissuta, secondo importanti autori latini come Ovidio, Virgilio ed altri, in tempi remoti dagli uomini. Certo non si può dire che Gauguin sia un classicista, o un accademico. Ma in diversi suoi scritti cita Virgilio, e alcune opere sono basate su fotografie di monumenti di Roma antica.

La ricerca di una società primitiva, agli albori della civiltà lo porta lontano dalla vita frenetica di Parigi e dell’Europa, alla scoperta di popoli ‘altri’ (è di quegli anni la nascita dell’interesse per l’etnologia e le culture “primitive” in genere). Saranno molto proficue anche l’esperienza di Pont Aven, nell’estate del 1886, e la conoscenza di Cezanne, Pissarro e Van Gogh, con cui l’artista abitò per un breve periodo. E’ questo il tempo del colore che costruisce, e dei ritratti di donne bretoni, nella semplicità dei loro costumi e della loro vita. Ma le condizioni economiche precarie in cui versava Gauguin lo costrinsero ad un lungo viaggio a Tahiti nel 1891, per cimentarsi in ciò che definisce “studio dei tropici... in cui la vita materiale possa essere essere vissuta senza denaro... ed in cui il vivere significa cantare ed amare”.

Approdato a Tahiti con un biglietto di sola andata, invece del paradiso tanto agognato trova solitudine e sofferenza, che lo porteranno a rifugiarsi nell’alcolismo. La sua vita si conclude nel 1903, ad Hiva Oa, nelle isole Marchesi. Le sue ultime opere sono anche le più intense, in cui il colore assume un carattere proprio, non più reale ma simbolico, parte dell’insieme compositivo che rimanda a significati diversi da quelli puramente visivi. In questa evoluzione verso il simbolismo è interessante vedere le varie tecniche utilizzate da Gauguin, com ad esempio la xilografia, che conferisce alle stampe caratteri strettamente “primitivi”: il desiderio, forse, di tornare indietro,e non essere considerato colonizzatore ma indigeno. Viaggio dunque come spostamento fisico ma anche come itinerario dello spirito.