La secolarizzazione avanza? I dati della ricerca Eurisko affermano verità differenti

pagina 1/1

Città del Vaticano. Lunedì scorso è stato presentato un importante lavoro: "indagine sulla lettura delle Scritture in alcuni Paesi- Prime analisi", realizzato in vari paesi europei e in USA dalla Eurisko. Presenti S.E. Monsignor Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, S.E. Monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni e Presidente della Federazione Biblica Cattolica e committente del lavoro, e Luca Diotallevi, docente all'Università di Roma3 e coordinatore del gruppo di ricerca, la quale è stata presentata e commentata attraverso la proiezione di una serie di diapositive. Le tematiche trattate sono state tante, impossibile elencarle tutte: sarà comunque reso noto pubblicamente il lavoro completo, così che ognuno potrà relazionarsi con essa.

Monsignor Paglia ha incentrato il suo intervento sulle motivazioni della ricerca e sulla sua analisi. In occasione della celebrazione del Sinodo dei Vescovi, la Federazione Biblica Cattolica ha commissionato una ricerca per ottenere una quantificazione del rapporto dei cristiani con le Scritture: quanto lo leggono e soprattutto come lo vivono. L'analisi si è incentrata sui rilievi pastorali, dove si registra una piena conferma "dell'intuizione pastorale del Vaticano II nell'esortare i fedeli a riscoprire le Scritture come fonte primaria della vita spirituale", alla quale si aggiunge la "notevole attesa -prosegue Monsignor Paglia- che gli uomini e le donne del nostro tempo hanno nei confronti delle Sante Scritture, nonostante la secolarizzazione e la poco disponibilità nei confronti dell'esperienza religiosa e cristiana in particolare". A questo si aggiunge un fenomeno ormai noto, quello della forte capacità aggregativa dell'ascolto delle Scritture. Permane, comunque, una certa difficoltà nei lettori delle Scritture a decodificare e comprendere il linguaggio e il profondo reticolato di immagini e metafore, di figure e simboli che permeano l'intero percorso di lettura delle Scritture. Una soluzione, indicata dal Vescovo di Terni, consiste giustamente nel potenziare e riaprire, laddove necessario, le "scuole del vangelo", avvicinando le persone, facendole partecipe e protagoniste della lettura delle Scritture. E' evidente che i campi interessati sono tanti, ad esempio c'è un profondo problema di capacità comunicativa e di tecnica comunicativa che si intreccia con l'insegnamento delle Scritture.

Delude l'intervento del Prof. Diotallevi. La sua lettura dei risultati della ricerca delinea scenari non realistici. Il fatto che 1/3-1/4 degli adulti dei paesi considerati in Europa abbiano letto almeno una volta un brano della Bibbia negli ultimi dodici mesi non porta immediatamente agli effetti deturpanti della secolarizzazione. Traducendo più semplicemente: non viene specificato, ad esempio, quanto i lettori conoscano la Bibbia, non viene indicato se si mantiene la percezione che, una volta letta ed imparata, basti per tutta la vita, declinando la non lettura con semplice supposizione di conoscenza e quindi derivante da un metodo di studio e di ricordo degli studi che non rimane nel corso del tempo. Quello che emerge da questo dato è l'assuefazione ad aspettare che la messa risolva il problema della comprensione della Bibbia e, come chiarito in parte dalla successiva slide 6 della presentazione, il desiderio di veder contestualizzata la sua lettura all'interno della propria vita quotidiana, composta da problemi ai quali non sempre l'esperienza personale riesce a fornire strumenti adeguati per risolverli.
Altro punto importante è l'affermazione che il tasso di verità attribuito alle Scritture, ossia quanto le persone giudicano veri i racconti in essi contenuti, è basso nei paesi europei: secondo le stime raccolte, il 35% degli olandesi e francesi reputano vera la Bibbia, 66% gli italiani, 39% spagnoli. Secondo il sociologo, questi bassi risultati sono effetti della secolarizzazione. Certamente, lo spirito del saeculum pervade tutto e siamo orientati solo orizzontalmente, non si vede o non si vuole trovare posto per un Creatore con relativo suo codice morale. Ma anche nel passato la tendenza ad attribuire meno verità alle Scritture era tanto diffusa quanto adesso, dimostrabile unicamente con quei pensatori ed intellettuali che ne hanno scritto (unici in grado di saper scrivere): pensiamo al poeta Belli, che oltre al suo animo si è fatto cantore del pensiero della Roma popolare, difficile pensare che all'epoca fosse in atto la stessa secolarizzazione attuale. Molto più realisticamente, è da considerare con estrema attenzione e positività questo dato certo: alla domanda "nella sua vita, le è mai capitato di avere la sensazione che Dio o un essere superiore vigili sulla sua vita e la protegga?" solo il 4,1% in media, sui paesi considerati dalla ricerca, non vuole rispondere o non sa. Questa è una percentuale bassa, importante: il problema viene sentito e le persone si interrogano con grande passione sulla presenza di Dio nella loro vita. L'affibiare la verità alle Scritture può essere il risultato di una poco profonda educazione religiosa, che non raffina quel pensiero innato di Dio e su Dio che pervade l'agire delle persone, non necessariamente all'avanzare della tecnologia.