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Roma. La comicità che esorcizza problemi attuali. Torna con queste ottime premesse un classico d’autore, “Un giardino di aranci fatto in casa” del commediografo Neil Simon, messo in scena al Teatro Manzoni da due apprezzati interpreti, Gianfranco D’Angelo e Ivana Monti.
Fino al 15 febbraio la consolidata coppia teatrale si fa protagonista sul palco di un tema spinoso, quello della paternità assente. Ma reinterpretandolo, in chiave ironica.

E sul palcoscenico la realtà si confonde con la fantasia, rendendo tutto ancor più verosimile. Il padre e la figlia, ripiombata nella sua vita dopo 13 anni, sono il bravo D’Angelo e sua figlia Simona, nei panni di Jessica.
Il rapporto difficile tra i due presto cederà il posto ad una lenta e inevitabile riscoperta dell’affetto reciproco. Basteranno piccole attenzioni, le stesse che Michael Hurt-D’Angelo ha dedicato in quegli anni al suo albero di arance, che con cure ed amore ha dato i suoi buoni frutti. Le debolezze di una figlia insicura Jessica-Simona D’Angelo, che prova a conoscere il padre cercando di diventare un’attrice, la porteranno a scoprire tanti lati in comune con il genitore. E lui, che si concede come sola emozione le scommesse di cavalli, vincerà la sua partita più importante anche grazie all’altra donna della sua vita, Hilary Blond- Ivana Monti.

Uno spaccato leggero e piacevole, che tratteggia con sagacia la vita impolverata di stelle del jet set hollywoodiano, dove basta un lampo di normalità a far tornare ai veri valori i protagonisti. Basta la genuinità del sentimento padre-figlia, a fare rinascere l’emozione nella vita spenta dei personaggi.

Ma a dettare i tempi della commedia, come una punteggiatura impeccabile, sono le iniezioni di umorismo e allegria che il cast regala al suo pubblico tra una sequenza e l’altra. Dove la comicità sottile e garbata di D’Angelo si confronta e si fonde con la mimica del corpo del parrucchiere impiccione, l’entusiasmante Mario Scaletta, con una gag da fumetto di soli versi e rumori che intrattiene il pubblico in risate per quasi dieci minuti. Sul palco le due generazioni si confrontano e si scoprirà, una volta riconquistati e riaffermati i ruoli di padre e figlia, che anche il distacco non è uno spazio incolmabile. E se si ha un fischietto con un cui “fare un fischio se c’è bisogno”, tutto diventa più facile.
Potere del teatro, che accorcia quel sottile confine tra palco e realtà.