Preview stampa e conferenza degli attori e della produzione per un'attesa miniserie tv

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  Intervista a Francesco Salvi (nel mentre che siamo strattonati dallo staff del RFF a fine conferenza stampa)

  Intervista a Giulia Elettra Gorietti

Roma. Si respira aria di esotismo settecentesco nella miniserie tv Bakhita, presentata in anteprima il 10 luglio al RomaFictionFest e prodotta dalla Titania Produzioni di Ida Di Benedetto in collaborazione con RaiFiction, con regista Giacomo Campiotti, che nell'edizione 2007 del RFF ha vinto il premio come miglior opera internazionale per Giuseppe Moscati.

La storia della santa africana è ricco di sofferenza fisica: ha sperimentato la schiavitù nel suo paese d'origine, il Sudan, per essere da lì raccolta e trasportata in Italia, nella seconda metà dell'800, dal console italiano Callisto Legnani. In Italia, a Mirano in provincia di Venezia, finisce a fare la domestica fino a quando, per la legislazione del tempo, diventa libera nel 1889 entrando nel convento delle Canossiane, pronunciando i voti l'otto dicembre 1896. Muore, dopo una lunga malattia, il 2 febbraio 1947.

La modernità della storia di Bakhita non risiede nella profondità intellettuale o nell'analisi accurata della realtà del suo tempo, che subisce senza poter reagire, bensì nella sua forza interiore di sopportare tali sofferenze fisiche e psicologiche digerendo tutto l'odio per gli oppressori di turno nella fede cristiana, appresa casualmente ma che la vedeva predisposta nella comprensione e nell'accettazione del perdono cristiano. Su questo aspetto di martire Giovanni Paolo II l'ha canonizzata il 1° ottobre del 2000 e Benedetto XVI nella recente enciclica Spe salvi ha affermato che "mediante la conoscenza della speranza lei era "redenta", non si sentiva più schiava ma libera figlia di Dio".

Con queste premesse, l'attesa per una miniserie tv, che comunque doveva condensare la sua vita, era alta. Il cast è nutrito: Stefania Rocca, Fabio Sartor, Francesco Salvi, Ettore Bassi, Fatou Kine Boye alla sua prima esperienza da attrice e decisamente somigliante a Bakhita, Giulia Elettra Gorietti nel ruolo della moglie di un contadino. La produzione, come detto, vede la presenza di RaiFiction.
Purtroppo, la prima puntata trasmessa in anteprima il 10 luglio non ha soddisfatto le aspettative. Sicuramente il montaggio rivela alcune imperfezioni, qualche lentezza nello scorrere della storia, mentre in alcuni momenti si notano quelle leggerezze che stonano nella visione: la moglie morta del paron Marin (Fabio Sartor) che respira allegramente nel letto di morte, il sole che entra nella telecamera e produce i riflessi sull'obiettivo durante le riprese africane in Burkina Faso, i contadini veneti che si adoperano per una caccia alle streghe contro il malocchio portato da Bakhita: certamente all'epoca erano ignoranti, come quasi tutti i contadini italiani appena usciti da secoli di dominazione, però forse non così stupidi da cacciare le streghe anche alla fine dell'Ottocento. Inoltre, la storia presentata è una libera interpretazione della vera storia di Bakhita e questo non è un problema: però, quando i riferimenti storici si sovrappongono con quelli della miniserie, si genera una grande confusione, dove è difficile comprendere la realtà dalla finzione.

Nella difesa appassionata della sceneggiatura, avvenuta durante la conferenza stampa, ad opera dei loro autori Filippo Soldi, Filippo Gentili e Dino Leonardo Gentili, si è avvertito che la loro intenzione era condensare la storia vera della santa trasfigurandola in una finzione, ossia: vi raccontiamo le qualità umane e di martirio di Bakhita all'interno di una finzione, di un racconto, altrimenti avremmo dovuto ingaggiare un Bertolucci da Novecento per poter rendere sul grande schermo, e non più in televisione in una miniserie come richiesto, questa intensa e sofferta vita. L'effetto però non è stato quello voluto ed è un vero peccato veder sprecata una grande occasione di lezione di vita, di esempio di moderno martirio che è ancora più attuale perché si vedono, negli occhi della santa sudanese, quelle stesse sofferenze africane, asiatiche colpite da terremoti e monsoni, iraqene di quei bambini e giovani che vedono un paese totalmente distrutto, di quelle donne che subiscono violenza domestica.