Un film ben fatto, un po' onirico, che non ha affondato gli artigli fino in fondo

pagina 1/1

Roma. Il sangue dei vinti arriva al Festival Internazionale del Film di Roma insieme alle polemiche del libro di Ganpaolo Pansa dal quale si ispira. Il regista Michele Soavi ha voluto fortemente portare sullo schermo la storia dei vinti nell'Italia del 1943-45, di quei repubblichini che all'epoca scelsero di difendere l'onore e lo stato fascista fino all'ultimo, immolandosi per la Repubblica di Salò. E' un pezzo di storia italiana assai complicato, controverso, che dovrebbe essere concluso ed invece ancora scatena reazioni e polemiche, spesso perché la storia in Italia non viene mai insegnata come si deve, con i documenti, le testimonianze: raramente al liceo si arriva alla prima guerra mondiale oppure si va oltre con sana superficialità, dimenticando il grumo di complicazioni che questa storia ha intrinsecamente.

Partiamo dalla storia raccontata. Il commmissario Dogliani (Michele Placido) dopo tanti anni ritrova all'università la bambina che nel 1943 aveva assistito all'omicidio di sua madre, ad opera della sorella (Barbora Bobulova). Comincia un lungo viaggio fatto di flashback e di luoghi della memoria che vengono ripercorsi a bordo di un Maggiolino da entrambi, l'ex-commissario e la bambina ormai adulta. In questo viaggio viene narrato un periodo assai fosco dell'Italia, nel mezzo della seconda guerra mondiale, che non ha affondato pienamente nelle ragioni storiche di quel periodo. L'Italia in disfatta, l'armistizio, la Repubblica di Salò vengono filtrate dall'angolazione della gente comune che si trova nel mezzo degli eventi e non sa sempre cosa decidere, viste le difficoltà di poter valutare l'esito del conflitto. In parte, l'idea del film è di proporre quegli italiani neutri, cittadini, che seguono le istituzioni attualmente vigenti e le sue leggi, mantenendo uno spirito critico.
In questo, si presenta la famiglia del Dogliani come composta da un padre (un ottimo Philippe Noiret) reduce mutilato del 1915-18, un figlio anch'esso reduce da quella guerra (sempre Dogliani), un fratello minore partigiano (bene Alessandro Preziosi) ed una sorella che ancora crede nei valori nei quali è cresciuta: l'onore, la patria e la famiglia, da difendere ad oltranza. Scegliere da che parte stare porta lacerazioni non risolvibili. La sorella (Alina Nedelea) sceglie di andare con la Repubblica di Salò, Dogliani per non combattere e aspettare la pace, il padre contro la figlia, il partigiano è con i partigiani e combatterà la sorella. Dov'è la verità? Chi aveva ragione? Non basta osservare la storia, ora sappiamo com'è andata. Bisogna calarsi in quell'epoca, in quel momento.

Il punto di vista medio, del cittadino italiano che non vuole più soffrire durante la guerra è ben rappresentato dal film, così come le furbizie di chi ha approfittato della situazione senza controllo per ritagliarsi un proprio territorio (Nello Foresi, interpretato da Valerio Binasco). Tutti appaiono comunque nobili rispetto agli obiettivi spesso meschini che rincorrono. In parte il regista ha voluto portare l'idea di Pansa di ri-equilibrare la storia, ricordando la Repubblica di Salò e chi vi partecipò. Certamente rimane un obiettivo raggiunto a metà, sia nel libro che nel film, perché riabilitare per riabilitare non porta alcun contributo alla storiografia. E l'essenza del cinema non è solo romanzare o divagare ma anche rappresentare con piglio storico cosa è successo, fornire la trama della realtà. Penso, ad esempio, a Miracolo a Sant'Anna, di Spike Lee: una forte trama storica, precisione nella ricostruzione, naturalezza degli attori e non è un problema di budget ma di idea generale, di direzione, cosa nella quale Spike Lee si è rivelato il solito gigante. Il sangue dei vinti non soddisfa appieno, sicuramente si può fare molto di più, scavare ancora più a fondo, evitando spunti onirici carichi di simbolismo che proprio non si accordano con il periodo raccontato: d'altronde avendo un Michele Placido in condizioni eccezionali è possibile realizzare il grande film, per adesso è un buon film.