La Smutniak mostra tanta grinta, marmoreo Marco Foschi

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  L'approfondimento: Kasia Smutniak illustra il suo personaggio e in controluce la sua personalità

Nelle tue mani è il nuovo film di Peter Del Monte. Esce nelle sale domani, fuori tempo massimo per i David di Donatello 2008, quindi in corsa per quelli del 2009. La distribuzione lo ha giustificato riferendosi alla forte presenza di film italiani con nomi noti, come Verdone, che potrebbero far apprezzare meno un film incentrato sugli scossoni che una famiglia dei nostri giorni può ancora subire per via di scelte dettate soprattutto dall'istinto.

La storia narra alcuni anni della vita di un astrofisico, Teo (Marco Foschi) che, nella sua routine di studente incontra Mavi (Kasja Smutniak), straniera che lavora in Italia, a causa di un incidente stradale. Da lì, è un rincorrersi: Teo perde la testa per Mavi, hanno un figlio, vanno a vivere insieme a casa di lui. Poi il rapporto si incrina, soprattutto per i suoi di lui continui viaggi di lavoro che ingelosiscono Mavi, la famiglia si spezza ed inizia, con lontano sapore positivista, l'insieme di reazioni a catena tipici di persone che ricercano una nuova stabilità affettiva. Nuovi compagni e compagne, la lotta per l'affidamento dei figli, problemi semplici che diventano complicatissimi da risolvere, vendette, i genitori di Teo che supportano la famiglia allargata, con il simbolo del padre di Teo che un attimo prima di morire e un attimo dopo aver comprato le dispense alimentari per Mavi per almeno un anno, si stende su una panchina di marmo di fronte ad un'altalena dove giocano madre e figlia: esempio tangibile di come anche con questi problemi familiari si brucino le risorse economiche di tre generazioni.

La recitazione di Kasia Smutniak è grintosa: segue le indicazioni del regista -e lo si vede perché è precisa nel dettagliare l'essere istintivo del suo personaggio-, mostra confidenza con i diversi momenti di vita di Mavi, dà lo spazio adeguato ad ogni fase del film, quando deve essere mamma, quando è la commessa, quando lavora in un pub, quando ricerca il giovane per andarci a letto, così per farlo, per scappare un attimo dalla sua vita. In lei vediamo tante storie che si possono conoscere semplicemente ascoltando le storie che viaggiano nei vari locali di una città.
Marco Foschi è marmoreo, il regista ha voluto marcare così la rigidità di uno scienziato che si scontra con la non meccanicità della vita ma rimanendo a tratteggiare una mentalità diffusa più tra gli studenti, che seguono una preparazione accademica, piuttosto che una persona matura. L'essere scienziato, nella vita reale, si evidenzia nella metodicità delle proprie azioni ma tale da essere flessibile alle nuove esigenze: magari è noioso, certamente non immaturo. Per questo, Marco Foschi rimane più statico che scienziato, anche se certamente ha evidenziato che la scienza non può avere la pretesa di prevedere e gestire i sentimenti.

Rimane di fondo la tematica del film: la famiglia con troppi punti di riferimento, molto occidentale. Dovremmo togliere dai nostri discorsi l'idea dei figli senza punti di riferimento: ormai ne hanno troppi ma poco autorevoli fra loro, tali da portarli alla confusione. Il film lo evidenzia bene: la figlia di Mavi aveva come punti di riferimento i genitori, poi sono diventati i nonni e Teo, poi sono subentrati due compagni della madre, poi anche la compagna di suo padre, infine la baby-sitter indiana.
Insomma: ma a chi deve dare credito la povera bambina? Chi è l'autorità? Chi dà l'educazione? Il sangue dice i genitori ma se sono assenti, presi a risolvere i loro problemi, i figli piccoli non hanno ancora la struttura per sopportare tali scossoni, comprendono le disfunzioni ma non le possono respingere e mantenerle esterne dalla propria psiche. E l'autorevolezza sembra passare, secondo il regista, dalla serietà e dalla prova concreta di chi ha raggiunto l'obiettivo, ossia i genitori di Teo.