Nelle sale dal 25 marzo

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Lentissimo ma terribilmente drammatico il nuovo film di Romanek, Non lasciarmi. Un lungo percorso per giovani creature allevate in batteria per poter fornire, nel loro breve futuro, organi da essere espiantati. Una vera e propria batteria di polli a livello umano dove bambini nati secondo questo preciso e diabolico scopo vengono allevati con cura in Inghilterra, in vari cottage e residenze in campagna per poter fornire al mondo dei malati un bene fondamentale come un organo nuovo e sano da poter essere trapiantato. Nobile scopo o un modo per arricchirsi da parte di pochi? In ogni caso la sottile ma persistente tensione gela il sangue nelle vene, dato che nessuno ha diritto di rubarti la vita e modificarla a suo piacimento, men che meno a rubarti i tuoi stessi organi: ogni essere umano ha diritto a vivere liberamente la sua vita e non certamente sentirsi orientato ad un presunto nobile e macabro scopo.

Tratto dall'omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro, vede come protagonisti Keira Knightely, Carey Mulligan e Andrew Garfield perfetti nell'impersonificare lo stupore di chi non ha mai visto il mondo vero, di chi non hai mai sperimentato sentimenti veri perché solamente in attesa di morire: agghiacciante la scena nella quale si espianta il cuore di una giovanissima, proprio l'esatto contrario dei principi della medicina ossia aiutare e non uccidere il malato.

Molti hanno avvicinato il film a Kafka: c'è una realtà assurda nella quale tu non riesci ad uscirne fuori. In realtà, in Kafka esiste una entità superiore, la quale ha tutti i diritti di importi una volontà, che ti obbliga a seguire il percorso che ti ha indicato mentre il film sembra ambientato in una vita comune, dove i ragazzi addirittura chiedono alle loro ex-insegnanti di morte se possono sfuggire al loro destino: la risposta è negativa anche se avrebbero voluto aiutarli.
Pertanto i ragazzi possiedono la possibilità di uscire dal tragico destino ma non la usano: oppure no?

Esiste, come si dice in filosofia, un'aporia del film che nulla toglie alla sua forza e alla sua magnifica rappresentazione di come può essere la vita di animali da macello e di altre vite umane che vivono una forma di rapporto con la propria vita di questo tipo.