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“Quel che resta di mio marito”, il cui titolo originale è “Bonneville”, è il film di esordio nel lungometraggio del regista Christofer N. Rowley, in uscita nelle sale il 17 ottobre e distribuito da Teodora Film. Si tratta di una commedia che, dietro un’apparenza di ilare leggerezza, tradisce le sue caratteristiche eversive nei confronti della commedia americana più celebrata. Le caratteristiche, insomma, che, come avvertono i distributori Vieri Razzini e Cesare Petrillo, hanno condannato molto spesso film anomali a divenire film di nicchia.

È, infatti, una storia on the road che non rifugge dal mettere in scena con un velo di ironia alcuni dei più antichi tabù, considerati ancora attuali dalla svolta perbenista intrapresa dal cinema americano dell’era Bush. Ed ecco quindi tre intraprendenti donne di mezza età, già di per sé personaggi banditi dalle regole commerciali della filmografia americana, sostenere e vivere con intensità tutta umana argomenti e pulsioni che ordinariamente fanno il loro gioco nella sfera quotidiana. Così trovano posto, anche in una commedia, la morte, la solitudine, la libertà ad ogni costo, la disperazione, l’amore accettato nei suoi modi e nelle sue sfaccettature più varie, purché non si faccia da soli il viaggio della vita.

A bordo di una vecchia Cadillac decappottabile rossa, tre amiche partono per attraversare i grandi spazi aperti del paesaggio naturale americano, inerpicandosi, senza volerlo, negli spazi più angusti delle loro torture interiori e delle loro essenze lacerate. E ciascuna scoprirà, assaporando quella libertà e quelle gioie dell’amicizia dimenticate, che quel viaggio malinconico è l’occasione per trovare risposte dentro di sé, a volte molto inaspettate. Arvilla (il due volte premio Oscar Jessica Lange), che si era incaricata di portare in California le ceneri del marito adorato per consegnarle alla figliastra, si renderà conto che non c’è niente che giustifichi tradire una promessa fatta alla persona amata, neanche l’odiosa minaccia di essere sfrattata per averla mantenuta, e ricomincerà a sognare quella libertà che solo il continuare a vivere, nonostante il dolore, sa dispensare. Margene (il premio Oscar Kathy Bates), vedova e donna sola da troppo tempo per continuare a credere nelle ragioni del cuore, ricomincerà a sperare grazie al camionista Emmett (Tom Skerritt) e all’amore quasi adolescenziale che lenirà le ferite della sua solitudine. Carol (la candidata all’Oscar Joan Allen), stereotipo della moglie e della madre perfetta che vive solo in funzione della sua famiglia, troverà in sé la capacità di fuggire per una volta alle ragioni sensate e alle azioni giudiziose, infondendo ancora di più coraggio nelle sue amiche e regalando alla storia un finale a sorpresa.

Tra il perdere i propri ideali, vivendo di compromessi, e il continuare a sognare, contro ogni buon senso, nel film, dunque, trionfa senz’altro la libertà come valore assoluto e inalienabile.