Roma, Galleria "Alberto Sordi", 21 Febbraio 2006 |
Presentazione del film ARRIVEDERCI AMORE CIAO di Michele Soavi di Damiano Garofalo |
La rinascita del noir come espressione di realtà: presentato il nuovo film di Michele Soavi tratto dal romanzo-scandalo di Massimo Carlotto
Intervista ad Alessio Boni a cura di Damiano Garofalo
Tantissime persone. Una grande presenza soprattutto giovanile del gentil sesso, perché si sa, anche se è amaro da sostenere, molte volte l'attore è ciò che suscita l'interesse del film. Una presentazione semplice, lineare, senza fastosità o facili decantazioni dello stesso film. Che suscita indubbiamente un notevole interesse, raggiungendo il fine ovviamente prefissato. Presenti la produttrice Conchita Airoldi, il regista Michele Soavi, gli attori Alessio Boni e Alina Nedelea, ed il presidente del "Noir Film Festival" di Courmayer Marina Fabbri. Esordisce Marina Fabbri, che veste peraltro il ruolo di moderatrice della conferenza-dibattito, analizzando la figura e la valenza del genere noir, il "genere più adatto alla nostra epoca, in quanto più veritiero descrittore della morte". Le radici del noir, secondo la Fabbri, sono radici socio-economiche, che si sviluppano tramite "l'indagine profonda del male per raccontare la realtà". E sarà proprio questo, appunto, il tema ricorrente della discussione: il noir come espressione della realtà e dei suoi mali. Il film infatti racconta la storia di un "traditore" dall'interno della sua anima, tramite la quale la storia verte verso una analisi pura della società, contestualizzata temporalmente dagli anni '70 fino ai giorni nostri, e localmente in vari paesi del mondo, tra cui spiccano l'America Latina ed il Nord-Est italiano. Proprio lei chiama in causa Michele Soavi, il regista del film: sono infatti passati dodici anni dall'ultima esperienza cinematografica del regista, che gode di un autorevole passato "horror" (basti pensare a "La setta" o "La chiesa"), e che nel frattempo ha avuto delle esperienze di fiction televisive. E' lo stesso Soavi a dichiarare che "questo film rappresenta proprio il punto di incontro tra il genere horror e la fiction, intesa come realismo". "E' un film - continua il regista - che racchiude lo specchio della società, che non accetta compromessi, ed è un noir anomalo, in quanto non presenta il solito banale "deus ex machina", proprio della maggior parte dei film dello stesso genere". E' proprio il lieto fine che ha rovinato il genere noir, rendendolo scontato, noioso, e non conforme alla realtà in cui viviamo. Come detto è proprio questo il fine di "Arrivederci Amore Ciao": rappresentare la realtà per quella che è, senza filtri, senza compromessi né censure di alcun tipo. La produttrice Conchita Airoldi parla poi della trasposizione pratica dell'omonimo romanzo di Massimo Carlotto e dei vari problemi inerenti alla produzione stessa: "il romanzo di Carlotto è appassionante, è una storia controcorrente che racconta l'esatto contrario dei classici buonismi letterari e cinematografici…ed è proprio questo che ci ha spinto a fare questa scommessa". Il romanzo non racconta soltanto una storia, infatti, ma analizza anche la società di oggi in tutte le sue contraddizioni. La Airoldi poi parla del rapporto con il regista: "Michele mi ha sempre bocciato qualsiasi progetto gli avessi portato da anni a questa parte, ma con "Arrivederci Amore Ciao" ha aderito subito e si è appassionato più di me".
Il film diventa quindi espressione contemporanea di una sorta di cinema-politico degli anni '70, di un cinema di denuncia di cui abbiamo perso le tracce ormai da anni in Italia. Alessio Boni parla invece del personaggio che ha interpretato nel film: "Quando ho letto la sceneggiatura, il personaggio principale, che avrei poi dovuto interpretare, mi ha colpito dalla pancia, ancestralemente, mi attraeva e mi ripugnava allo stesso modo. Mi ha attratto in particolar modo la volontà del personaggio di ritorno alla normalità dopo un passato burrascoso, tutto ciò che fa lo fa soltanto per ritornare a come era prima, per riavere la tranquillità di cui godeva un tempo, e non per avere potere o per soldi". Boni, come ha rivelato, non era molto convinto di accettare la parte inizialmente, ed è stato un colloquio con la produttrice e il regista a farlo cambiare idea. Anche lui ritorna poi sul tema della realtà: "Quando leggi un romanzo ti crei una sorta di intimità letteraria, te la immagini ed è tua, ma quando porti il romanzo sulla pellicola il risultato ti lascia senza fiato: esce fuori la verità nascosta, esce fuori l'amaro, viene a galla la realtà delle cose che avevi solamente letto ed immaginato". "Quando sono uscito dalla sala - continua Boni - dopo aver visto "Farheneit 9/11" di Moore non ho parlato per due giorni…e Bush è stato rieletto!". Interviene poi la bella Alina Nedelea: "Credo che questo sia il ruolo più bello che mi sia mai capitato, anche perché - scherza - prima d'ora avevo fatto soltanto prostitute tossiche e ubriache. Il personaggio mi ricorda Biancaneve, una ragazza così candida che poi si innamora di un personaggio misterioso". A chi le chiede, poi, se il personaggio principale le risulta enigmatico o sconvolgente per lei che viene dalla Romania, la risposta è: "In tutto il mondo non c'è bosco senza rami secchi…". Nel film già si preannunciano notevoli e pregevoli citazioni (si parla di Tarantino, Cimino, Hitchcock) e Michele Soavi parla del film a livello pratico: "Le citazioni sono ovvie in tutto ciò che si fa, nella vita ci si riempie di film fin da piccoli, ma sono solo pochi quelli che rimangono dentro". "Il film - continua Soavi - come ogni altro mio film inizia con un elemento naturale, più precisamente un animale, e questo serve a far capire fin dall'inizio che ciò che si sta per vedere è qualcosa di Vero. L'alligatore che vedrete nel film non è altro che un omaggio all'autore del libro…". Sembra inoltre che l'autore del libro, Massimo Carlotto, abbia apprezzato molto la trasposizione del suo romanzo, avendovi trovato l'essenza di ciò che ha scritto, pur se con inevitabili tagli o modifiche. La storia è indubbiamente una storia scomoda e spinosa, soprattutto quando si trattano temi come la lotta armata negli anni '70. "Ma - come ci tiene a precisare ancora Soavi - non è un film sul terrorismo, è un film sulla storia di una "carogna", e lo scenario del terrorismo aiuta soltanto a rendere più credibile tutto ciò che si vede, ed a dare al film una connotazione temporale veritiera". La conferma arriva dalla produttrice: "Nella scelta degli episodi del romanzo da raccontare abbiamo privilegiato il racconto della "carogna", anche se non abbiamo assolutamente fatto tagli politici" (d'altronde Carlotto è da considerarsi uno tra gli scrittori politici per eccellenza)."Abbiamo dovuto necessariamente - confessa però la Airoldi - fare delle censure rispetto alla crudezza del romanzo, che trasposta in video risulta comunque amplificata ed eccessiva: il libro è troppo forte per essere raccontato in maniera totale sullo schermo." C'è chi proietta già il film in una probabile nuova rinascita del cinema impegnato italiano. C'è chi lo accoglie con scetticismo, scetticismo dato purtroppo dagli ultimi risultati dei film italiani che si auto-decantavano impegnati. Fatto sta che questa presentazione ci ha suscitato un notevole interesse. Vuoi vedere che è la volta buona? Staremo a vedere.
(articolo pubblicato il 24/02/2006) |
|