E’ l’ennesimo film dell’orrore? Per chi ha una cultura in merito, potrebbe risultare tale.
Per i restanti nuovi, che si affacciano al tema senza un bagaglio di memoria profondo, potrebbe essere una sorpresa.
Never let go ha le caratteristiche giuste per dare contenuto alla forma.
La forma miscela sapientemente l’alta definizione con la scenografia. La trama e’ tipica dei film horror, con qualche reminiscenza di Hitchcock.
La figura della madre, interpretata da una brava Halle Berry, fornisce una serie di rimandi, anche inconsci, che aumentano il peso della storia. Un po’ troppo tagliati con l’accetta i ruoli dei due figli, in alcuni momenti solo connettori logici della storia, tanto da domandarsi perche’ non siano stati dotati di maggiore incisivita’ psicologica e di intelligenza.
E’ un film profondamente intriso di cultura ebraica, prova ne sia ad esempio l’accarezzare lo stipite dell’ingresso, sul quale e’ scritta la frase ritornello che protegge e purifica gli abitanti della casa. Un gesto tipico per la Mezuzah (ossia ‘stipite della porta’). La frase ritornello rappresenta, a tutti gli effetti, una preghiera.
Ma anche il rapporto dei due fratelli rielabora il dialogo tra Caino ed Abele. Altri elementi sparsi nel film individuano pratiche di purificazione.
Ma con sapienza la sceneggiatura, scritta da Kevin Coughlin e Ryan Grassby con la direzione di Alexandre Aja, inserisce trame ed intrecci tipici della letteratura dei fratelli Grimm (non a caso citati durante il film stesso). Una cultura che osserva il male la’ fuori da dentro la casa, che protegge ed evita di diventare impuri.