Marilù S. Manzini scrittrice di successo, pittrice, scultrice, fotografa, giornalista e recentemente regista di un film, in uscita nei prossimi mesi, tratto da un suo noto libro: “Il Quaderno Nero dell’Amore”, ha venduto con i suoi romanzi oltre 250.000 copie. Il film, che la vede dietro la macchina da presa, s’intitola “QN” e oltre al soggetto, Marilù ha curato la sceneggiatura.
La Manzini ha presentato a Milano, nella prestigiosa Casa Museo Alda Merini, il suo quinto romanzo “La Cura della Vergogna”: insieme al giornalista e scrittore Ruggiero Capone e allo scrittore Gianfranco Carpine responsabile dello stesso Museo.
Intervenuti all’incontro, oltre alla sociologa Deborah Bettega che ha accolto gli ospiti, l’ex ministro Giancarlo Pagliarini, l’attore Christian Stelluti, il consigliere regionale Antonello Formenti e l’ex calciatore Davide Belotti.
Ora in questo suo quinto libro, “La Cura della Vergogna” edizioni Bietti, un saggio di psicologia sotto forma di romanzo, una storia di formazione e crescita, di lenta e progressiva costruzione della consapevolezza di sé, la Manzini rivela che ognuno di noi si sente chiuso in una gabbia.
La “Cura della Vergogna” è il racconto su due piani, uno in forma epistolare e uno che entra nel vivo dell’azione, di una maturazione affrontata attraverso una serie di prove tanto estreme quanto, a volte, strambe. Un nipote e un nonno si trovano, si scontrano attraverso i passaggi di una terapia d’urto che, non senza difficoltà e in un crescendo dalle atmosfere quasi thriller, porterà il giovane protagonista a superare una timidezza patologica e a riscoprire le proprie potenzialità e il proprio valore.
La storia è quella di un trentenne blindato nella sua gabbia di solitudine e paure. Un nonno psichiatra novantenne, che rompe quelle sbarre e lo costringe a uscire allo scoperto con la forza della saggezza, dell’ironia, dell’amore. Due vite, due destini a confronto che s’intrecciano nei loro sogni e fallimenti, per restituire le diverse tappe di quella formidabile avventura umana che a ciascuno di noi tocca attraversare.
Marilù S. Manzini ha voluto materializzare in una performance, alquanto inedita, una sua sensazione di disagio riguardo la complessità della vita rinchiudendosi in una gabbia dorata che rappresenta una protezione e una difesa dal mondo esterno.
Costruiamo mentalmente intorno a noi una cella come riparo, ma nonostante ciò non riusciamo ad essere completamente noi stessi: rimaniamo prigionieri nel nostro spazio virtuale, intrappolati, senza poter fuggire in una gabbia dorata, tanto bella quanto deleteria.