Rosso Istanbul è il titolo dell’ultimo film di Ferzan Ozpetek, tratto dal suo romanzo autobiografico del 2013, una pellicola che per alcuni aspetti ci restituisce un cinema di atmosfere e suggestioni.
Orhan come redattore deve assistere Deniz Soysal, famoso regista cinematografico, a terminare la redazione del suo libro. Ma rimane catturato in una città carica di ricordi rimossi. Si ritrova sempre più implicato nei sentimenti con i famigliari e gli amici di Deniz che sono anche i protagonisti del libro che il regista avrebbe dovuto finire. Soprattutto Neval e Yusuf, la donna e l’uomo a cui Deniz è più legato, entrano arrogantemente anche nella vita di Orhan. Quasi imprigionato nella storia di un altro, Orhan però conclude per analizzare soprattutto se stesso, riscoprendo emozioni e sentimenti che credeva morti per sempre e che invece ricompaiono a pretendere il conto per poter riuscire a cambiare la sua vita.
Ne viene fuori un’opera strana, un ibrido fra il melodrammatico e un rapporto infelice alla ricerca delle proprie origini perdute
Quel che resta di Rosso Istanbul è però la forza dei siti e il potere affascinante delle immagini: una casa in procinto di svuotarsi, le foto invecchiate, le tavolate apparecchiate, le vedute sul Bosforo e i suoi rossi e spettacolari tramonti con cui il film si apre e si chiude. In questo Ozpetek si conferma maestro e riesce con il tocco che gli appartiene ad esaltare la sua Istanbul, i suoi scorci di cielo e di mare, proiettando il pubblico in una metropoli tramutante immersa in una eccitazione che non si vede ma indubbiamente si sente.
Ottima pellicola merito anche di una colonna sonora che amalgama saggiamente le musiche originali e i rumori di sottofondo di una metropoli in fase di crescita.