Single ma non troppo è un esempio di sceneggiatura industriale americana.
I protagonisti presentati sono verticali assemblaggi di caratteristiche tipiche di alcune persone, identificanti categorie di consumatori.
La storia rappresenta un circuito nel quale girano i personaggi: dal barista rimorchione e democraticamente dispensatore di consigli che in realtà pensa solo alla fatturazione del locale senza offrire niente, alla provinciale in costante ricerca di sé. Dalla ricca ragazza che approfitta dei soldi altrui, alla annoiata professionista comunque infelice nonostante un appartamento a Central Park.
Central Park: perché la storia si snoda nei palazzi moderni e modernisti di New York, con inquadrature stile drone della penisola di Manhattan.
In questo camion di prodotti che per quasi due ore viene proiettato non mancano alcuni dettagli intellettuali, anche se scontati. Il primo è l’omaggio alla presenza ebraica di Brooklyn. La scena dello studio d’avvocati e la battuta: gli avvocati qui “sono tutti ebrei” è banale ma comunque centrata e veritiera. La seconda è la democraticità degli USA. Non appena commetti un errore, qui in Italia valutato come veniale, vieni immediatamente identificato, multato e cacciato, con il peso della marchiatura sociale a vita. Non proprio un esempio di accettazione ed integrazione, nonché di elasticità. Da questo deriva la necessità di esplodere la sera con alcool, sbornie e rimbambimenti mattutini al fine di evadere da questa prigione sociale ipercontrollata, molto simile alla teorizzazione del Panopticon di Foucault.
Un film da vivere in leggerezza come prodotto di intrattenimento.
Principali attori ed attrici: Dakota Johnson, Rebel Wilson, Damon Wayans Jr., Anders Holm, Alison Brie.