Il romanzo di Durian Sukegawa dal titolo AN è diventato un film: Le ricette della signora Toku, per la regia di Naomi Kawase.
Ambientato nel Giappone odierno, la storia ruota attorno a tre protagonisti principali e i dolci tipici: i Dorayaki venduti in uno dei tipici chioschetti. Il gestore del chioschetto li produce ma non mette nella sua attività amore, interesse produttivo, solo una stanca meccanica ripetitiva quotidiana vendita di prodotti semi-artiginali. In realtà è costretto ad un lavoro che non ama solo per un introito economico. Il chioschetto è punto di ritrovo di studenti che possono mangiare a buon mercato e fare molto rumore, un giorno si affaccia una donna anziana che cerca lavoro: la signora Toku, ultra settantenne che non ha mai lavorato e che per tutta la vita ha sognato di poterlo fare.
Il gestore il signor Sentaro rimane molto perplesso alla richiesta della signora e per palesi motivi rifiuta la richiesta, ma la sig.ra Toku insiste fino a dimostrare con i fatti di avere competenze e capacità molto valide, compensanti la debolezza fisica dell’età con la forza di Sentaro. Iniziano una collaborazione che in breve tempo porterà l’attività ad avere un incremento economico vertiginoso. In contemporanea una delle studentesse che abitualmente frequentano il negozietto che vive un disagio familiare affettivo trova l’amicizia stringendo legami affettivi con la signora Toku e Sentaro che scaturirà in una profonda amicizia alimentata da tutti e tre i protagonisti con un apporto da parte di ciascuno del proprio vissuto, del proprio legame donando un arricchimento reciproco. La restante storia vive un susseguirsi di vicende inaspettate che si aprono come scatole cinesi per concludersi con un finale se pur intuitivo molto carico di emozioni.
La regia mostra tutto il lato orientale, un approccio a filosofie di vita tipiche, l’utilizzo della natura con le sue fasi che regolano i ritmi di vita dell’uomo anche se in un secolo di frenetico caos, la ricerca di cose semplici che ben si adattano alla musicalità della vita nelle sue fasi: gioventù-primavera; età adulta-estate; vecchiaia-autunno; morte-inverno; ad esaltare quest’ultimo aspetto il fiore di ciliegio che con la sua breve fioritura sottolinea maggiormente il concetto della morte. Tutto viene evidenziato: una foglia, il vento, un abbigliamento dismesso della protagonista, le classiche divise degli scolari giapponesi; l’utilizzo di inquadrature fisse e primi piani stretti sui protagonisti vanno ad evidenziare dettagli ed espressioni interpretative che potrebbero non essere colte come anche particolari dell’ambiente che la regista vuole evidenziare per poterli caricare di importanza interpretativa che ogni spettatore darà sulla base del proprio gusto. Un plauso nella direzione dell’attrice Kirin Kiki, la sig.ra Toku, grande interprete giapponese che anche questa volta non delude. Un bel film da meditazione che può non piacere a chi cerca effetti speciali ed azione ma che smuove la vita e le emozioni di chi si fa coinvolgere.