Roma. Il festival della fiction ha proposto in anteprima due puntate straordinarie di altrettante serie televisive in onda su Sky Atlantic HD. True detective e House of cards si presentano al pubblico con una carica di innovazione inaspettata, tanto da ricevere il plauso da Bernardo Bertolucci. True detective vede il premio Oscar Matthew McConaughey e l’ottimo Woody Harrelson insieme in un poliziesco che scava dentro la psiche umana, tenendo incollati gli occhi allo schermo per sapere cosa succederà. Otto puntate ad alto tasso di atmosfera, con tempi giusti da cinema, ambientate nel caldo Louisiana. Il suo carattere innovativo risiede nell’aspetto autoriale garantito dallo screenwriter Pizzolatto che ha trovato in Cary Fukunaga il regista adatto. Di origine giapponese, non aggiunge la caratteristica visione del paese del Sol Levante, bensì è internazionale ed universale, adatto per ogni luogo. Circa 12 milioni di spettatori a puntata, un record che testimonia la qualità della serie.
House of cards approda alla seconda stagione: ieri in regalo in seconda serata in chiaro su Cielo con le prime due puntate come anticipazione per l’intera serie, profondamente rinnovato e con una sapiente utilizzazione di Kevin Spacey, un attore con la A maiuscola. Nella prima stagione ha collezionato 3 Emmy Awards e un Golden Globe, ora la lotta di Frank Underwood, interpretato proprio da Spacey, si inasprisce, coinvolgendo anche il pubblico da casa nella sua scalata alla Casa Bianca: l’aspetto teatrale viene accentuato col dialogo diretto del protagonista col pubblico, così da giustificare le sue azioni. Noi che lo guardiamo assorbiamo parte della colpa. Meccanismo molto sottile ma eccezionalmente reso, che tiene anche qui incollati gli occhi sullo schermo.
Durante la presentazione in anteprima all’Auditorium, è stata proiettata la breve intervista a Bertolucci nella quale, oltre al plauso già descritto, vi è stata la spiegazione del motivo per il quale queste serie hanno successo. Il cinema ha fagocitato i tempi suoi, lenti e magniloquenti, lunghi ma descrittivi, adattandosi ad uno schema quasi televisivo. Invece in queste due serie si assiste alla dilatazione dei tempi, ad una narrativa che indugia nell’atmosfera e nel colore, nel considerare il tempo morto -così sarcasticamente lo ha definito il grande regista- l’ingrediente principale di una narrazione: nella televisione incede il cinema. Certamente questo meccanismo, ossia la contaminazione, è accaduto ma ricade nel più ampio percorso di processo industriale per l’intrattenimento: si oscilla tra saturazioni successive, pertanto ciò che non si trova in un settore riappare in un altro, così come è sempre più difficile creare nuove sceneggiature, nuove riprese, nuovi montaggi.