Da oggi nelle sale cinematografiche si proietta l’ultima fatica di Tonino Abballe, La pioggia che non cade.
Un film nato da una sua idea e ben realizzata da Marco Calise: in minimi termini, la storia di una band romana che ha saputo interpretarsi davanti ad una macchina da presa.
Storia attuale, genuina nei contenuti che non vogliono far pubblicità alla band, né raccontare come sono o come erano, neanche guardare al futuro su come saranno. L’obiettivo è raccontare e trasmettere cosa vuol dire amare la musica e viverla tutti i giorni, sapendo che non può essere la fonte unica di sostentamento. Si vive certamente di musica e nella musica ma purtroppo non ti dà la sicurezza di un guadagno fisso.
Loro ne sono consapevoli e quindi raccontano quanto sia difficile coniugare un lavoro con una grande passione. Le serate dei concerti con la vita quotidiana e il rapporto di coppia. Fanno capire allo spettatore che essere una band è molto di più che realizzare le prove o esibirsi, è un legame che unisce e coinvolge tutti: il problema del singolo diventa un problema comune e l’aiuto per la risoluzione e collegiale, è il guardarsi le spalle a vicenda per proteggersi e proteggere il gruppo. Lo dimostrano nel narrare un unico episodio che permette di apprezzare la fratellanza.
Film che lascia un bel sapore per la bella melodia che è il soggetto principe il motivo dell’esistenza della band e loro stessi attori naturali. Un plauso è doveroso alla regia che ha saputo aiutarli e al produttore che nella sua idea ha saputo centrare il carattere di ciascuno facendone emergere gli aspetti peculiari.