Roma. Fino al 26 Giugno Patrizia Borrelli espone le sue opere pittoriche e scultoree nella doppia sede della galleria Eleuteri e di Palazzo Borghese. Il tema sono le nove vite che rimangono impresse nelle opere, ossia in astratto la forza che le anima, una forza umana che vuole esprimere l’infinito tramite azioni finite. Un bel tema, difficile, dove l’aspetto pittorico è rimasto imprigionato in un cromatismo pervasivo mentre le sculture, realizzate principalmente in ferro, hanno espresso con la forma una notevole espressività, astratta e non, tanto da lasciare lo spazio a molteplici riflessioni teoriche.
L’espressione della forza vitale umana si esalta in questa occasione nella scultura. E’ difficile riprendere nuovamente la discussione teorica in merito ma la scultura, se resa nella forma intellegibile conosciuta e memorizzata nella mente umana, offre nella sua spazialità un’emozione totale. Patrizia Borrelli l’ha colta, regalando inseguimenti del ferro assolutamente umane, un mosaico con volto di donna che si nasconde in una maschera simbolico e realistico.
Soprattutto Amore e psiche ha suscitato un dibattito durante il vernissage. La presenza di due colori indicano l’uomo e la donna, i due poli opposti che incontrandosi generano dialettica, secondo alcune opinioni potevano essere monocolore identico, a significare la sostanziale presenza della dialettica anche in caso di poli identici: la distinzione non è necessaria in sé.
Oltre all’aspetto estetico che sarebbe venuto a mancare, poli identici si respingono: la metafora magnetica non è lontana dalla realtà. Si potrebbe però proporre un esempio diverso: poli identici somigliano a due contrafforti che si sorreggono l’un l’altro, mentre nascono per sorreggere una casa. Inizia una gara a chi resiste di più all’usura del tempo sprecando tutta la forza, non sorreggendo un progetto di vita che prosegua oltre la propria morte. Dare un senso alla propria vita facendolo esaurire con essa appare una mancata realizzazione. Rispetto all’idea dell’artista ci si pone fuori tema, ragion per cui l’opera d’arte perde la sua assolutezza se calata nel contesto personale, attinente a scelte di vita decisive: dall’originale si elabora personalmente, arrivando a conclusioni originali. Ciò non toglie che la non struttura di alcune descrizioni, critiche, osservazioni rendono nulle le conclusioni, saltando di etichetta in etichetta in realtà si fugge dalla soluzione di problematiche.