Sceneggiata napoletana? Film melodrammatico? Canzoni strappalacrime? Aspettarsi questo dai Manetti Bros è un’attesa inutile. In Song’e Napule propongono un’analisi della nostra società all’interno di un poliziesco, proseguendo nel percorso iniziato con L’arrivo di Wang.
Un pianista diplomato al conservatorio sbarca il lunario diventando poliziotto. Non è scaltro ma nell’occasione della vita si ritrova all’interno di una azione di infiltrazione di una cosca camorrista, proprio nel ruolo di musicista neomelodico. Un’operazione delicata che avrà un epilogo per il quale vale la pena vedere il film, senza svelare nulla.
Il cast è di livello, segno dell’affezione e del rispetto nei confronti di due registi che antepongono al mero risultato commerciale la cultura e la ricerca estetica cinematografica. Alessandro Roja è Paco Stillo, il pianista/infiltrato che evolverà durante la storia. Paolo Sassanelli è un roccioso, veritiero ed energico ispettore di Polizia: vale la scena all’interno del Commissariato, di straordinaria forza evocativa e didattica: insegna come essere veri attori. Il Questore Vitali interpretato da Carlo Buccirosso dimostra ancora una volta che il teatro insegna a recitare: non si guarda Buccirosso, si vede il Questore.
La costruzione narrativa è molto interessante, il tentativo di uscire dai soliti schemi premia i Manetti Bros, avendo una riserva sul ritmo: fare cinema è bello, il senso del montaggio completa questa magnifica sensazione.