Roma. Con la conferenza stampa del 29 Marzo scorso di John Turturro si è consumata al Regina Baglioni Hotel una magnifica fusione di due correnti storiche. La prima ha riguardato il regista del film Gigolò per caso, che uscirà dopodomani nelle sale italiane; la seconda i giornalisti intervenuti.
Un film che tocca innumerevoli argomenti, dalla sessualità al ruolo delle donne, alle comunità chiuse in generali, alla dialettica interna al mondo ebraico, alla New York di oggi. Con battute fulminanti tipiche più del mondo del protagonista Woody Allen che dell’italianissimo John, si dipanano parallele le storie con un equilibrio anche formale della fotografia che aiuta a definire questo film come un’opera compiuta molto raffinata e complessa. La questione ebraica appare quella preminente, dove l’ironia tipica ashkenazita colpisce il settarismo ebraico ortodosso così come l’originalità sefardita. Tutto molto semplice se non fosse che questa divisione viene mostrata sotto la lente di un persistente timore che non sia più sanabile, che la disgregazione abbia raggiunto un elevato e non più controllabile livello di entropia. Un film così ashkenazita è passato inosservato ai giornalisti presenti, impegnati in domande come: quale battuta le è piaciuta di più nel film; com’è stato lavorare con Woody Allen; cosa ne pensa di Nanni Moretti, col quale girerà prossimamente; il ruolo della donna in Italia; come vede la mascolinità nel mondo.
La seconda corrente storica è proprio questa: la scollatura tra la visione artistica e la percezione giornalistica. E’ talmente ampio il divario da vivere un’involuzione dalla quale non si riesce a calcolarne la data precisa di uscita.