Apache di Thierry de Peretti è un film solido, duro, reale. Narra la storia di Aziz (Aziz El Addachi), un ragazzo arabo un po’ fesso, che aiuta il padre come guardiano e giardiniere in una villa di ricchi corsi nella bellissima isola che si chiama Corsica. Una sera invita di nascosto i suoi amici, anch’essi arabi, i quali mettono a soqquadro la villa, rubando anche uno stereo e un fucile d’epoca. Da questo episodio parte la caccia all’uomo dei proprietari e, soprattutto, l’aspetto tribale: tutti i partecipanti, anche se solo per aver visto, al furto e alla bravata devono tacere, al solo sospetto si è autorizzati ad eliminare fisicamente la persona. E così accade per Aziz.
Sullo sfondo di questa narrazione, in soli 82′, viene fuori lo spaccato di emarginazione che porta a determinati tipi di proliferazione di delinquenza, in una logica certamente un po’ troppo positivista ma sicuramente vera. L’aspetto tribale, più che descriverlo lo si sente dentro istintivamente, bisogna stare molto attenti al linguaggio e a cosa si dicono i delinquenti; questo avvicina il film a Rocco e i suoi fratelli. Ma l’esser fuoriclasse di Luchino Visconti ne determina anche la distanza: Apache è una narrazione, il film del grande regista italiano un’analisi anche filosofica, sociale, si sente l’emersione dell’aspetto simbolico che qui, invece, non appare.
Incomprensibile la censura italiana: vietato ai minori di 14 anni. E invece sono proprio loro che si riconoscono nel film: e più semplicemente, sono loro che vivono in quel modo, non hanno bisogno del film per capire. Hanno già capito!
Nota a parte per Andrèa Brusque, nel ruolo di Pascale: sono proprio le figure dei nostri giorni, a progetto. Senza un futuro stabile, si cerca l’occasione come novelli capitani di mare all’epoca dei pirati. Il godersi l’attimo è proprio ben impersonificato dall’attrice.
Bravi gli altri attori, assolutamente naturali:
- François-Joseph Cullioli
- Hamza Mezziani
- Joseph Ebrard
- Maryne Cayon
- Hneri-Noel Tabary
- Danielle Arbid
- Michel Ferracci