Starbuck delude le attese. Il nuovo film di Ken Scott non riesce a trasmettere in 109 minuti quell’allegria promessa e quella capacità di saper parlare di un argomento complesso con leggerezza. Sebbene la sceneggiatura sia importante, la regia annacqua tutto mancando dei tempi cinematografici. Non è neanche un film teatrale, è solo pieno di vuoti.
L’idea di trattare il personaggio maschile di David Wozniak, interpretato da Patrick Huard, come una persona superficiale che si trova a dover effettuare scelte profonde non convince nella sua realizzazione. Egli dona in provetta il suo seme e si ritrova, a distanza di anni, ad essere portato in giudizio dai figli ottenuti i quali vogliono conoscere la sua identità. Nonostante questo, il film è fiacco.
Peccato, perché gli elementi come: procreazione assistita; figli nati in provetta; psicologia dei figli; la reazione di una famiglia polacca (David Wozniak è polacco) di fronte a questa aberrazione della modernità; dovevano garantire una brillantezza considerevole al film. Invece, bisogna solo menzionare gli attori che hanno impersonificato parte dei figli: bravi, ne sentiremo parlare.