Interroga e conquista l’ultima opera del regista turco, Ferzan Ozpetek, Magnifica Presenza, nelle sale cinematografiche dal 16 marzo 2012.
Un omaggio all’arte, immortale, rappresentata da insoliti fantasmi che appaiono con uno stile quasi gotico in un appartamento romano dove un giovane siciliano approda, dopo aver lasciato la sua Catania, per inseguire i suoi sogni di attore. Pietro, impersonato da Elio Germano, va alla ricerca della sua identità e si imbatte in tanti personaggi estremi.
A far da protagonista ancora una volta le emozioni: la frustrazione e l’ambizione di chi insegue i suoi sogni. Sensazioni comuni a molti artisti che affrontano ogni giorno il conflitto tra la voglia di realizzare la passione per l’arte, la scrittura, la musica, la recitazione e gli innumerevoli provini del mondo, i giudizi di chi sa osservare la realtà solo da dietro ad una lente. Ma la realtà è ingannevole, proprio come quella illustrata da Ferzan.
E non è facile comprendere se la magnifica presenza sia un semplice delirio del protagonista o se il giovane Pietro sia un puro, capace di vedere quello che gli altri non vedono.
L’aspetto ghost delle prime scene, in cui lo spettatore sembra non riconoscere lo stile del regista, lascia presto spazio alle emozioni nel sorriso di Pietro risvegliato con un soffio sugli occhi, dallo scrittore Luca Veroli, interpretato da Andrea Bosca. Il personaggio Filippo Verni, interpretato da Beppe Fiorello, svela la metafora della Compagnia Apollonio misteriosamente comparsa nel 1943 e rimasta intrappolata in un’abitazione romana: “solo l’arte è immortale” – dichiara deciso.
Entra in punta di piedi con la sua musica il regista e ci immerge ancora una volta nell’affascinante mondo delle sue passioni, nell’amore per il diverso, per la seduzione, nel dramma della solitudine e delle illusioni, nella dissacrazione delle apparenze.
E non delude.
Le opere e i personaggi di Ozpetek non si lasciano mai leggere in un’unica direzione. Sono una scala di personaggi musicali capaci di regalare armonie differenti ad ogni rilettura, ad ogni nuovo accostamento. E le magnifiche presenze si trasformano da personaggi surreali alla pura ricerca dell’unica magnifica verità da scoprire dentro sé stessi. “La menzogna alle volte può essere convincente – recita Pietro – la realtà lo è molto di più”.